Letture estive
01 settembre 2010 Archiviato in: Libri
Non ho avuto molto tempo per leggere, quest’estate, ma qualche libro l’avevo con me. Non tutti mi sono piaciuti e non essendo io un critico mi limito a segnalarvi (non a recensire, che non è il mio lavoro) il libro che mi è piaciuto di più tra quelli che ho letto: La legge di Fonzi, di Omar di Monopoli (ISBN edizioni). Ho letto da più parti che è il terzo capitolo di una trilogia definita western-pugliese ed effettivamente il libro ha parecchio del western; a me mentre lo leggevo faceva venire in mente certi film o romanzi americani ambientati in piccole città negli anni ’50 o ’60; siamo lì. La storia in pillole: una cittadina (immaginaria) in Puglia (direi nel Salento), un nutrito gruppo di malviventi di ogni estrazione, dal ladruncolo di auto con ideali naziskin al sindaco del paese, passando per il parroco, il ricettatore delle auto rubate, il commissario di polizia e una strana figura di “cavaliere solitario” che spunta dal nulla, accompagnato da un cane, a sparigliare tutto.
La legge di Fonzi è un libro che sfata una serie di preconcetti molto in voga nella nostra narrativa: che non si possano raccontare storie crude e descrivere scene violente, al limite del sanguinario, senza dare l’impressione di compiacersene e di tirare colpi bassi; o che non si possa scrivere un noir italiano se non usando un vocabolario di non più di qualche centinaio di parole e avendo in odio tutti i segni di interpunzione diversi dal punto; e ancora, che per descrivere un sud torrido e incarognito sia obbligatorio ricorrere a metafore logore. Vi sembra poco?
Per tutto il resto, trama, utilizzo di espressioni dialettali e altro, vi rimando alle recensioni vere e soprattutto alla lettura del libro, che merita davvero.
P.S.: ovviamente il libro l’avevo comprato in formato ePub e caricato sull’iPad prima di partire per le vacanze. Se vi dicono che l’iPad non è fatto per leggere libri non credeteci. Magari c’è di meglio, non dico di no; ma ci si legge benissimo.
La legge di Fonzi è un libro che sfata una serie di preconcetti molto in voga nella nostra narrativa: che non si possano raccontare storie crude e descrivere scene violente, al limite del sanguinario, senza dare l’impressione di compiacersene e di tirare colpi bassi; o che non si possa scrivere un noir italiano se non usando un vocabolario di non più di qualche centinaio di parole e avendo in odio tutti i segni di interpunzione diversi dal punto; e ancora, che per descrivere un sud torrido e incarognito sia obbligatorio ricorrere a metafore logore. Vi sembra poco?
Per tutto il resto, trama, utilizzo di espressioni dialettali e altro, vi rimando alle recensioni vere e soprattutto alla lettura del libro, che merita davvero.
P.S.: ovviamente il libro l’avevo comprato in formato ePub e caricato sull’iPad prima di partire per le vacanze. Se vi dicono che l’iPad non è fatto per leggere libri non credeteci. Magari c’è di meglio, non dico di no; ma ci si legge benissimo.
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