A chi diamo i nostri dati?
30 aprile 2011 Archiviato in: Politica
Tre notizie nel giro di pochi giorni fanno riflettere sul fatto che i nostri dati, anche quelli più personali o critici vanno o possono andare in mano a chiunque. E spesso siamo noi a permetterlo.
Ha cominciato la Apple (di cui come sapete io sono un affezionato cliente) con quello che ormai viene chiamato Locationgate: si è scoperto che i nostri iPhone non solo tengono traccia quasi momento per momento dei nostri spostamenti ma li memorizzano in un file che viene conservato (sia pur nascosto) sul computer. In questo caso il rischio è forse minimo (a meno di non voler tener segreti i nostri movimenti a chi può mettere le mani sui nostri computer) perché i dati non vengono comunicati a nessuno ma rimane la perplessità di sapere che informazioni tutto sommato privatissime vengono memorizzate per sempre a nostra insaputa.
Poi l stato il turno di Sony: per circa una settimana i possessori di PlayStation non hanno potuto collegarsi alla PSN, il network riservato a loro. Solo dopo parecchi giorni si è scoperto che il disservizio non era un banale malfunzionamento ma il risultato dell'attacco di hacker, e che peggio ancora i dati sensibili, compresi quelli relativi alle carte di credito, di milioni di utilizzatori sono andati a finire in mano a criminali. Questo è ovviamente il caso più grave; e anche qui, oltre al danno, la beffa di non essere stati informati per tempo dell'accaduto.
Il terzo caso riguarda i navigatori satellitari TomTom: si è scoperto che l'azienda che li commercializza non solo tiene traccia dei loro movimenti, ma ha venduto le informazioni alla polizia olandese, che le ha utilizzate per piazzare gli autovelox nei posti in cui il traffico risultava più veloce! Il tutto sempre ovviamente all'insaputa dei clienti (e con l'aggravante, mi sembra, che la stessa TomTom fa pagare ai clienti un servizio che permette loro di essere avvisati se sulla loro strada c'è un autovelox...).
In tutti questi casi (e in tanti altri, praticamente in tutti quelli in cui le informazioni che ci riguardano vengono messe a disposizione) le ditte si sono parzialmente giustificate dicendo che i dati dei clienti vengono trattati con il consenso degli stessi. Giustificazione misera, secondo me: a parte il caso della Sony in cui l'uso delle carte di credito e dei dati è indispensabile per partecipare al network, negli altri casi il conferimento dei dati all'azienda non sembra affatto indispensabile al funzionamento dell'iPhone o del TomTom; e rifiutarsi di concederlo non significa rinunciare a una parte delle prestazioni, ma semplicemente ritrovarsi un aggeggio non funzionante tra le mani.
Insomma, occhio a chi concediamo di utilizzare le nostre informazioni; e cerchiamo di farlo il meno possibile.
Ha cominciato la Apple (di cui come sapete io sono un affezionato cliente) con quello che ormai viene chiamato Locationgate: si è scoperto che i nostri iPhone non solo tengono traccia quasi momento per momento dei nostri spostamenti ma li memorizzano in un file che viene conservato (sia pur nascosto) sul computer. In questo caso il rischio è forse minimo (a meno di non voler tener segreti i nostri movimenti a chi può mettere le mani sui nostri computer) perché i dati non vengono comunicati a nessuno ma rimane la perplessità di sapere che informazioni tutto sommato privatissime vengono memorizzate per sempre a nostra insaputa.
Poi l stato il turno di Sony: per circa una settimana i possessori di PlayStation non hanno potuto collegarsi alla PSN, il network riservato a loro. Solo dopo parecchi giorni si è scoperto che il disservizio non era un banale malfunzionamento ma il risultato dell'attacco di hacker, e che peggio ancora i dati sensibili, compresi quelli relativi alle carte di credito, di milioni di utilizzatori sono andati a finire in mano a criminali. Questo è ovviamente il caso più grave; e anche qui, oltre al danno, la beffa di non essere stati informati per tempo dell'accaduto.
Il terzo caso riguarda i navigatori satellitari TomTom: si è scoperto che l'azienda che li commercializza non solo tiene traccia dei loro movimenti, ma ha venduto le informazioni alla polizia olandese, che le ha utilizzate per piazzare gli autovelox nei posti in cui il traffico risultava più veloce! Il tutto sempre ovviamente all'insaputa dei clienti (e con l'aggravante, mi sembra, che la stessa TomTom fa pagare ai clienti un servizio che permette loro di essere avvisati se sulla loro strada c'è un autovelox...).
In tutti questi casi (e in tanti altri, praticamente in tutti quelli in cui le informazioni che ci riguardano vengono messe a disposizione) le ditte si sono parzialmente giustificate dicendo che i dati dei clienti vengono trattati con il consenso degli stessi. Giustificazione misera, secondo me: a parte il caso della Sony in cui l'uso delle carte di credito e dei dati è indispensabile per partecipare al network, negli altri casi il conferimento dei dati all'azienda non sembra affatto indispensabile al funzionamento dell'iPhone o del TomTom; e rifiutarsi di concederlo non significa rinunciare a una parte delle prestazioni, ma semplicemente ritrovarsi un aggeggio non funzionante tra le mani.
Insomma, occhio a chi concediamo di utilizzare le nostre informazioni; e cerchiamo di farlo il meno possibile.
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